LA RIPETIZIONE OSSESSIVA DELLA CARNE.

Quante bistecche possono uscire da una mucca o da un manzo? Tante, credetemi. Bistecche con l’osso e senza, anzi, come dicono molte signore che vanno dal macellaio, non bistecche senza osso ma fettine: “due fettine tagliate sottili, e senza grasso, per favore”, chiedono. Bene: queste bistecche – con l’osso o senza – sono la mia ossessione. Un’ossessione benigna, però, visto che sono il prodotto della mia cura, del mio amore. Perché per farle e rifarle, per farle più vere della finzione e più finte della verità, ci vuole occhio, tanto, anzi parecchio, come quasi cantava Jannacci, ma occorre soprattutto passione che, come ci dice l’orecchio, fa proprio rima con ossessione. Una passione ossessionata, potrei dire, per un lavoro ripetuto all’infinito: un lavoro esatto. Che però nasconde in ciascuno dei suoi risultati una piccola differenza, una sfumatura di diversità. Nascono così oggetti che sembrano uguali ma, a guardarli bene, sono diversi l’uno dall’altro. Perché ciascuno è un pezzo unico. Proprio come me.