La mano
Mimmo Paladino ci ha regalato il disegno di una mano. Nei laboratorio della Sacra Famiglia l’abbiamo trasformata in tante sculture alte 50 cm. Poi abbiamo chiesto a un gruppo di artisti e di designer di “vestire” queste sculture con disegni, dipinti, oggetti. Prossimamente tutte le sculture saranno battute all’asta. Il ricavato andrà alla Sacra Famiglia.
Elogio della mano
Ci sono state mani tese che hanno determinato l’olocausto, mani tese che chiedevano aiuto ma ci sono anche tante mani che pregano o che accarezzano o che sostituiscono la ciotola per mangiare… altre mani imploranti e mani che dividono il pane… in altre ancora vengono rintracciati i sensi della vita…
Gli intellettuali, per lo più, hanno mani incapaci di attività fisica e un filosofo le mani potrebbe addirittura non averle affatto.
La fantascienza presenta l’uomo del tremila con una testa grandissima e con le mani piccolissime: più un lavoro è intellettuale meno è abile la mano.
Usare la mano per scrivere è facile, come è facile usarla nei lavori “manovali” o alienati: quelli del facchino o quello dell’operaio destinato a trascorrere 8 ore al giorno schiacciando un bottone.
Usarla per ricamare è difficile, fino al limite del virtuosismo, quello del pianista, del chirurgo, del giocoliere.
Il più abile a usare le mani è il prestigiatore… proprio lui, che fa un mestiere che molti potrebbero definire inutile.
Ma c’è altro oltre alla dicotomia tra il non uso della mano e l’uso esasperatamente esperto?
Io credo che uno dei maggiori gradi di interesse nell’usare la mano stia nel progetto, quando si riesce ad accoppiare intimamente una intenzione ideativa con l’esecuzione di un “manufatto”.
Il nostro mestiere deve diventare un mestiere come quello del vasaio, del panettiere, del calzolaio pena la disumanità del progetto…
Ma per raggiungere questo livello di magica ricomposizione occorrerebbe un lento processo di riappropriazione, un lungo esercizio fisico utile a reimparare movimenti, sensibilità e ritmi perduti.
Forse però è ormai troppo il tempo durante il quale abbiamo agito per traslati, perdendo il senso materiale delle cose. Al “progetto”, operazione mentale, andrebbe opposta la “fabbricazione”, operazione manuale.
In realtà il baratro fra questi due atteggiamenti sembra incolmabile, e la mano dell’uomo sembra svelarsi forse come l’utopia di una unione impossibile.